mercoledì 11 aprile 2012

Claudio Di Scalzo: La cicala e la formica nella casa della Nada. Feuilleton paesano 1

                                                                           


  Libertario Di Scalzo detto Lalo e Nada Pardini





LA CICALA E LA FORMICA NELLA CASA DELLA NADA
          
Quando torno a Vecchiano nella mia casa. E al primo piano dove tra stanze mai finite in muratura e infissi  c’è un atipico studio d’artista, trovo sempre un particolare, una delicatezza, che mi dice come mia madre sia stata lì. A volte è un centrino ricamato sul tavolo, con sopra un quaderno a righe che ha acquistato nel locale mercato, e accanto una penna con calamaio. Capisco che la Nada m'immagina con la penna in mano dello scrittore. Anche se mi vede con il pc acceso portatile. Per la Nada scrivere vuol dire usare la penna stilografica. E allora scrivo con la penna. Sua. Ho interi quaderni dedicati a mia madre e alla sua famiglia. Alla storia della sua ferita causata dalla scheggia di una cannonata tedesca, estate del '44, che le passò da parte a parte la coscia. Scheggia che rimbalzando sulle mura della torre ghibellina la ferì lasciandola più bella. Se ne accorse anche un uomo che stava nascosto in un loculo del cimitero di Vecchiano e che usciva a notte fonda per combattere i fascisti e i nazisti. E che le lasciava un fiore sul davanzale della finestra. Questo certamente contribuì a farla guarire. Quell’uomo era mio padre. E lo chiamavano Lalo. Perché il suo nome, Libertario, il fascismo glielo aveva cancellato all'anagrafe e sui documenti. Lalo amava la figlia del fascista del paese Vittorio Pardini. E questo amore era proibito dalle ideologie: ma non dal calco degli amori che un bardo inglese e un guelfo fiorentino avevano rivelato. E avrebbe avuto sviluppi tragici nella mia famiglia. La Nada, pudicamente, non vuole parlare di questo periodo della Resistenza che la teneva col fiato sospeso. Per pudore, mio, di figlio, non insisto. E neppure chiedo più di tanto la storia della mia nascita, tanto accidentata, di sette mesi l’Otto dicembre del 1952. Ma stavolta è riapparsa la storia della Cicala e della Formica. E la racconto. E gliela dedico.
                      
Facevo la quinta elementare. La Banca Toscana indisse un premio per le scuole del comprensorio. La maestra Bertoni, seppur nascosta camerata nella democrazia repubblicana, chiese al figlio dell’anarchico Libertario di scrivere, perché secondo lei lo sapevo fare, una storiella. Parteciperai con altri della scuola, vedremo cosa vali! Rimarco severa col mento puntuto e con un pelo attorcigliato.  La scrissi. Nell’aula della scuola furono presentati i componimenti. Quello di Accio arrivò ultimo. Avevo dato ragione alla Cicala contro la logica della Formica che accumulava chicchi. Mi piacque di più la Cicala che stava sull’albero a cantare che poi moriva con il freddo nel disincanto. Anch’io salivo sugli alberi.

Anch’io ero un perdigiorno in pantaloncini corti senza sapere di Eichendorff. Fu una delusione grande. I compagni di classe e le compagne mi irrisero. Salvo una che chinò il capo. La prima innamorata.  Di Accio. E dovetti sorbire le reprimende di maestra e direttori di banca come se fossi colpevole di un attentato alla Ricostruzione Italiana in senso disfattista. Lalo mi fece discorsi per me incomprensibili sul Capitalismo e sull’Anarchia che avrebbe abolito le banche. Tutte cicale diventeremo ma con la casa per l’inverno riscaldata, disse. Stringendomi a sé. Piccolo compagno Accio hai già capito tutto. Buon sangue non mente.
                   
La Nada non disse nulla. Non del tutto convinta di queste spiegazioni. Stette in silenzio. Mi carezzo i capelli indocili e mi avrà detto: Sei bravo lo stesso, non temere, continua a scrivere usa la penna che non ho usato io. Usala.
                  
Ieri sentendomi cercare nello studio stando dabbasso, perché cerco dattiloscritti e minute e foglietti di una poetessa svizzera infelice che si divertiva a nasconderli nel caos delle stanze dei mobili; e sentendo che trascinavo scatole, spostavo bauli,  aprivo armadi e altri “forzieri” casuali dove ho affastellato quanto scritto e disegnato, la Nada ha salito, faticosamente, col suo cuore scassato le scale, è entrata e mi ha detto: "Ma stai cercando per caso questo? Era il componimento sulla Formica e la Cicala. Ho sempre pensato che avrebbe dovuto vincere il primo premio. Di quanti eravate solo tu sei diventato uno scrittore. La commissione si era sbagliata".
                                      
Ci siamo abbracciati. Con una tenerezza estrema. Ci sono dei momenti in cui si viene come risarciti, tutto assieme, dalle ferite che la scrittura impone. Per me è stato l’abbraccio di mia madre, che sopravanzando  il giorno in cui studente scrissi di una favola rovesciandone la morale e perdendo il premio fino ad aggi che cerco frammenti di un libro perduto,… mi dice che l’avventura di Accio sarà per questi accadimenti ricordata. Una stolida commissione ideologica degli anni Cinquanta e il destino che inghiotti una giovane donna a 25 anni alle Lofoten, avranno perso la partita. Con un monello poi uomo inaffidabile come una Cicala. Sull’albero a cantare.


Accio bambino stellato con la Nada - 1972 




                  
Questo il componimento

La Cicala bussa alla porta della Formica previdente che ha raccolto nella tana chicchi e legna contro il freddo. “Un solo chicco per sfamarmi, un solo tepore di pochi minuti”, ti chiedo Formica.
"D’estate hai cantato e ora batti i denti sventurata", risponde la Formica chiudendole la porta in faccia.
La cicala sta morendo dal freddo, nel gelo, risente per il dolore provato la sua canzone. Le piace tanto anche se sempre uguale. Sempre la stessa.  Canta del sole splendente e del giardino verde e colorato. "E’ brutto l’inverno" si dice. "Che vale viverlo?" E muore col sorriso sulle labbra.
              

-Claudio  me lo leggi quanto scrivesti?


(...)


-Bravo: potevi fare anche l’attore.

Lo so. Potevo fare tante cose e ne ho fatta una sola.

E quale?

Il figliolo lontano.

                    
A quel punto ci siamo abbracciati ancora. E questa è stata la mia Pasqua nel suo battito migliore. Ma siccome quanto scrivo fa parte di un Feuilleton Elettronico - e le regole  valgono anche per il web, son sempre le stesse dall’Ottocento a oggi - la storia della Cicala e della Formica scritta da un bambino di quinta elementare detto Accio, e la descrizione del suo ritrovamento da parte di un’anziana sarta, potrebbe essere un’invenzione,  per commuovere… per commuovermi in un abbraccio, potrebbe essere nello stesso tempo tutto vero e tutto falso. Lo scrivo senza nulla sapere di astute narratologie, lo scrivo per limpidezza, limpidezza che questo aprile impone. Sicuramente però ho un brillio negli occhi e sono felice di questa mia prima prova, ritrovata, da scrittore e da comunista cicala fin da piccino. Poi mi sarei perfezionato però stando ancora, come l'insetto canterino, sull'albero fantasia a cantà. E l'arte così in chiasso a donà.  

Claudio Di Scalzo
alla Nada, a mia madre sarta
e per il Libro Perduto di Karoline Knabberchen

Pasqua 2012